ABC DELL’EFFICIENTAMENTO ENERGETICO

A cura della commissione Sostenibilità ambientale CNGeGL

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PARTE 1

L’analisi del clima

Dopo la fase di inquadramento territoriale utile alla localizzazione geografica dell’area di intervento, dovranno essere raccolti i dati climatici disponibili, e in particolare:

  • valori medi mensili della temperatura media giornaliera dell’aria esterna;
  • coordinate geografiche dei capoluoghi di provincia (altitudine, latitudine, longitudine);
  • irradiazione solare giornaliera media mensile diretta e diffusa sul piano orizzontale;
  • irradiazione solare globale su superficie verticale diversamente esposta;
  • pressione atmosferica;
  • velocità, direzione e frequenza giornaliera dei venti prevalenti, regnanti e dominanti;
  • temperatura dell’aria, escursioni termiche giornaliere, numero di gradi giorno, fenomeni di inversione termica.

Le zone climatiche

Tra i dati climatici relativi alla temperatura dell’aria, particolarmente importante ai fini della progettazione edilizia è il numero di gradi giorno (GG) di una località, definito dalla sommatoria – estesa a tutti i giorni di un periodo di riscaldamento annuale convenzionale – delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura dell’ambiente interno (ti), convenzionalmente fissata a 20 °C, e la temperatura media esterna giornaliera (te). Dal numero di gradi giorno della località dipenderanno il fabbisogno energetico per il riscaldamento invernale e i requisiti prestazionali richiesti dalla normativa vigente per quanto riguarda l’isolamento termico degli elementi tecnici che compongono l’involucro.

I venti

I venti sono definiti caratteristici se di una determinata zona, a seguito dell’orografia del luogo (ad esempio: la bora); costanti se spirano sempre nella stessa direzione e verso, anche se con diversa velocità (ad esempio: gli alisei); periodici quando spirano su una stessa direttrice invertendo periodicamente la direzione, pur con differente velocità. Il periodo può essere stagionale, come nel caso dei monsoni o degli etesi, o anche semplicemente diurno, come nel caso delle brezze, che possono essere di mare o di lago, da pendio o costiere. Queste ultime – caratterizzate dal vento che soffia dalla superficie dell’acqua verso terra durante il giorno, e in direzione inversa durante la notte – sono originate dalla variazione ciclica giornaliera di pressione atmosferica determinata dalle differenze di temperatura (e quindi di densità dell’aria) che si creano per effetto delle maggiori capacità termica e riflessione della radiazione solare che l’acqua presenta rispetto al terreno.

Il microclima

I microclimi caratterizzano il clima del contesto edilizio, e riguardano zone: con estensione orizzontale di alcune decine di ettari; con estensione verticale corrispondente all’altezza media delle alberature in zone extraurbane, più alti in zone urbane. A questa scala le condizioni climatiche locali sono fortemente influenzate anche dalle caratteristiche topografiche del luogo, e pertanto la conoscenza di tali elementi risulta determinante per individuare eventuali strumenti correttivi di intervento.

In particolare, gli elementi in grado di influenzare il clima locale di un sito comprendono:

  • la topografia dell’area: morfologia, clivometria, orientamento, composizione geologica e tipo di copertura del terreno; altezza relativa con riferimento all’immediato intorno significativo; ostruzioni alla radiazione solare e al vento, nei diversi orientamenti;
  • la presenza di corpi idrici: mari, fiumi, laghi;
  • la presenza di vegetazione;
  • gli aspetti urbanistici: forma urbana, densità edilizia, altezza degli edifici, tipo di tessuto urbano.

Le caratteristiche topografiche dell’area incidono notevolmente sulla qualità del clima locale: basti pensare a come l’orientamento e l’acclività modifichino le condizioni di soleggiamento e di esposizione ai venti dominanti, seppure in relazione al più ampio contesto territoriale. Analogamente le aree poste in posizione sopraelevata, laddove il soleggiamento e il beneficio dei venti migliorano sensibilmente; o – al contrario – le aree poste a quote basse o in fondovalle, che risentono della presenza di aria più fredda e umida che vi ristagna, nonché dei frequenti fenomeni di nebbia che impediscono l’accesso alla radiazione solare e la formazione di brezze.

Per quanto riguarda la presenza di corpi idrici, è noto come questi possano funzionare da regolatori termici, in quanto la temperatura dell’aria viene stabilizzata dall’inerzia termica dell’acqua: un effetto termoregolatore evidentemente tanto più importante quanto maggiore è la superficie del corpo idrico, quindi in vicinanza del mare e comunque in prossimità della costa: è qui, infatti, che si verificano le brezze locali, grandemente efficaci nella stagione calda per il raffrescamento passivo. Alla presenza di corpi idrici è legata anche la formazione di maggiore umidità dell’aria.

Anche la presenza di ampie zone di verde in ambiente urbano può contribuire notevolmente a rendere meno critiche situazioni di surriscaldamento estivo, riducendo localmente la temperatura: una piazza alberata di 5.000 m2 può arrivare a traspirare fino a 25.000 litri al giorno, assorbendo circa 15.000 kcal, energia termica che altrimenti verrebbe assorbita dalle strutture edificate e riemessa sotto forma di calore.

In relazione agli aspetti urbanistici, infine, è da sottolineare come nelle grandi aree urbane densamente popolate il clima si presenti più secco con temperature molto elevate, scarsa presenza di vento e alto tasso di inquinamento.

Il soleggiamento

Lo studio del soleggiamento, inteso come quota di irraggiamento solare che interessa l’involucro degli edifici, è uno degli aspetti più importanti che si presentano nella progettazione delle unità edilizie: sono infatti numerosi i benefici derivanti da una corretta esposizione di un edificio alla radiazione diretta, e in particolare l’azione antibatterica, l’effetto fisiologico terapeutico e psicologico, il risparmio energetico, il maggior valore commerciale dell’immobile. È pertanto necessario – negli insediamenti di nuova fondazione – valutare preventivamente gli effetti del microclima, e prevedere – fin dalla fase urbanistica – l’introduzione di elementi in grado di svolgere un ruolo di termoregolazione dell’aria quali masse arboree, bacini d’acqua, viali alberati, eccetera.

Nella progettazione di un organismo edilizio, lo studio del soleggiamento ha come obiettivo quello di determinare il numero di ore di sole disponibili nel corso dell’anno per i diversi orientamenti delle facciate e per il piano di copertura, nonché l’energia radiante associata alle ore di soleggiamento che interesseranno l’edificio. Queste informazioni risultano indispensabili per una corretta determinazione della forma in pianta e dell’orientamento dell’edificio, della dimensione e disposizione delle pareti vetrate e degli schermi e dell’inclinazione delle superfici captanti  l’energia solare (coperture, pareti verticali eccetera), allo scopo di migliorare le condizioni di benessere igienico e di confort termo-igrometrico, di ridurre i consumi energetici dell’edificio, di sfruttare l’energia solare disponibile attraverso sistemi passivi (serre, muro di trombe, eccetera) e attivi (collettori solari, pannelli fotovoltaici e FER).

Il percorso solare

L’individuazione del percorso solare nel luogo in cui si dovrà realizzare l’efficientamento energetico di un edificio risulta indispensabile per determinare il numero delle ore di sole disponibili nel corso dell’anno, anche in relazione ad eventuali fenomeni di ombreggiamento dovuti a ostacoli limitrofi, nonché l’angolo di incidenza con il quale la radiazione solare interessa le diverse facciate.

La posizione del sole rispetto al piano dell’orizzonte viene determinato tramite due angoli:

  1. l’angolo di elevazione solare (h), compreso tra la retta congiungente la posizione apparente del Sole con il punto O dove si trova l’osservatore (OB) e la proiezione di tale congiungente con il piano dell’orizzonte (OA);
  2. l’azimut solare, angolo formato sul piano dell’orizzonte dalla proiezione della suddetta congiungente e dalla retta che dall’osservatore va verso il Sud nell’emisfero settentrionale, o il Nord nell’emisfero meridionale.

Il valore dei suddetti angoli dipende dalla latitudine, dall’ora del giorno e dal giorno dell’anno.

Essi consentono di determinare se e quando una certa posizione di un edificio vedrà il Sole, nonché da quale direzione e con quale angolo di incidenza arriveranno i raggi solari nei diversi periodi dell’anno: quest’ultima informazione è utile per conoscere sia l’intensità della radiazione solare incidente, sia se i raggi saranno trasmessi o riflessi da una superficie vetrata. I diagrammi permettono di prevedere le ombre portate su una data superficie da altri edifici circostanti, alberi o rilievi montuosi (soleggiamento vincolato); devono, inoltre, essere usati a scopi progettuali per il dimensionamento e il posizionamento di diversi possibili componenti edilizi (schermi, pensiline, tende, eccetera) atti a produrre ombre su superfici.

La radiazione solare

La conoscenza della quantità di radiazione solare disponibile costituisce un elemento di estrema importanza nella fase di efficientamento energetico di un edificio: dall’entità e dall’andamento temporale della radiazione solare incidente sull’involucro dipenderanno, infatti, gli effetti termici del soleggiamento, nonché la quantità di energia captabile mediante sistemi solari passivi o attivi. La norma UNI 10349 riporta i valori di irradiazione solare giornaliera media mensile sul piano orizzontale e su superfici verticali (inclinazione 90°) diversamente orientate per i capoluoghi di provincia italiani, distinta nelle componenti diretta e diffusa per ogni mese dell’anno.

Nell’arco dell’anno la radiazione solare globale può essere soggetta a variazioni quotidiane significative, soprattutto nelle località dove la variabilità delle condizioni meteorologiche è più accentuata (soleggiamento effettivo); la densità di potenza incidente su una superficie (energia incidente sull’unità di area nell’unità di tempo, W/m2), inoltre, dipende dalla giacitura del piano cui appartiene la superficie, e in particolare:

  • la componente diretta (o irradianza diretta, Hdir) dipende dall’angolo di incidenza (angolo tra la normale al piano e direzione della radiazione), risultando massima per un angolo di incidenza nullo (radiazione normale);
  • la componente diffusa, (o irradianza diffusa, Hdif), nell’ipotesi che provenga uniformemente da tutta la volta celeste, dipende solo dalla frazione di cielo “vista” dalla superficie, e quindi dalla sua inclinazione rispetto al piano orizzontale, risultando massima per una superficie orizzontale (che “vede” tutta la volta celeste).

Nel caso di superficie non orizzontale, a queste due componenti occorre aggiungerne una terza, detta componente riflessa dal terreno (irradianza riflessa, Hrif), che dipende dal coefficiente di riflessione del terreno (riflettenza) e, ancora, dall’angolo di inclinazione della superficie rispetto all’orizzontale.

La potenza globale incidente sulla superficie (o irradianza solare globale incidente sulla superficie, o irradianza solare globale, Hg) è data dalla somma delle tre componenti: Hg = Hdir + Hdif + Hrif; l’energia incidente in un giorno è data dall’integrale di tale somma esteso all’intera giornata.

L’Illuminazione naturale

L’illuminazione naturale – al pari della temperatura dell’aria, della ventilazione, dello stato igrometrico e del soleggiamento – costituisce uno dei principali fattori di benessere degli ambienti di vita e di lavoro: una corretta illuminazione naturale degli ambienti confinati, infatti, può contribuire alla buona conservazione della vista, al maggior rendimento nell’attività lavorativa, alla prevenzione degli infortuni, al benessere psicologico e fisiologico degli individui, alla riduzione dei consumi energetici dovuti all’uso dell’illuminazione artificiale. Si comprende, quindi, come lo studio approfondito dell’illuminazione naturale costituisca uno degli elementi fondanti della progettazione, fin dalla fase preliminare: “la luce come fattore di progetto”, “la luce come materiale da costruzione”. Tale studio dovrà riguardare la disponibilità di luce naturale nell’area di intervento e la visibilità del cielo dal luogo in cui si prevede di realizzare l’organismo edilizio.

Dai risultati dell’analisi, e in relazione agli obiettivi progettuali che si intendono perseguire, deriveranno le scelte sulla collocazione, l’orientamento, la forma e la distribuzione intera dell’edificio, il dimensionamento delle aperture e degli schermi, i colori delle superfici interne, i rapporti con il verde e con il contesto urbano; i dati raccolti sulla disponibilità di luce naturale saranno utilizzati anche in sede di progetto definitivo per la verifica sul livello di illuminamento minimo degli ambienti interni, così come previsto dalla normativa vigente. L’illuminazione naturale è dovuta ad una quota diretta e ad una quota indiretta.

Flusso di energia fra il sole, l’atmosfera e la superficie terrestre.

A differenza dello studio del soleggiamento, lo studio dell’illuminazione naturale degli ambienti considera come sorgente luminosa primaria la volta celeste e non il sole, il quale – penetrando negli edifici – può provocare fenomeni di abbagliamento con dannose conseguenze alla vista (scotomi, blefarospasmo, lesioni retiniche, eccetera) e alle attività lavorative. Molto più adatta è la luce proveniente dalla volta celeste – detta luminanza – che determina un’illuminazione più uniforme e meno abbagliante; tale fonte, ovviamente, risente della latitudine, della stagione, dell’ora del giorno, della purezza e dello stato del cielo (sereno o coperto).

Le fonti energetiche rinnovabili o assimilabili

In considerazione dell’importanza che la questione energetica riveste in edilizia in termini di costi di gestione degli edifici e di impatti sull’ambiente dei consumi energetici, unitamente ai conseguenti sempre più severi requisiti richiesti dalla normativa di settore, un momento fondamentale del processo di analisi, propedeutico alla progettazione dell’efficientamento energetico, è costituito dall’esame della disponibilità di fonti energetiche rinnovabili. Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del D.lgs. n. 387/2003, che recepisce la Direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, per fonti rinnovabili si intendono “le fonti energetiche rinnovabili non fossili: eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, mare motrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas”.  In particolare, per biomasse si intende “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”.

Ai fini della riduzione degli impatti sull’ambiente, il D.lgs. n. 192/2005 prevede l’obbligo, per tutte le categorie di edifici pubblici e privati, di utilizzare fonti rinnovabili per la produzione di energia termica ed elettrica; in particolare:

  • nel caso di edifici di nuova costruzione o in occasione di nuova installazione di impianti termici o di ristrutturazione degli impianti termici esistenti, l’impianto di energia termica deve essere progettato e realizzato in modo da coprire almeno il 50% del fabbisogno annuo di energia primaria richiesta per la produzione di acqua calda sanitaria con l’utilizzo delle predette fonti di energia;
  • nel caso di edifici di nuova costruzione, pubblici e privati, o di ristrutturazione degli stessi conformemente all’articolo 3, comma2, lettera a), è obbligatoria l’installazione di impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica;
  • nel caso di nuova costruzione di edifici pubblici e privati e di ristrutturazione degli stessi conformemente all’articolo 3, comma 2, lettera a), in presenza di tratte di reti di teleriscaldamento a una distanza inferiore a 1.000 m, ovvero in presenza di progetti approvati nell’ambito di opportuni strumenti pianificatori, è obbligatoria la predisposizione delle opere, riguardanti l’involucro dell’edificio e gli impianti, necessarie a favorire il collegamento a dette reti.

Il Testo unico in materia di edilizia (DPR n. 380/2001) introduce all’art. 4, la seguente dicitura: “ai fini del rilascio del permesso a costruire, deve essere prevista l’istallazione dei pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica per gli edifici di nuova costruzione, in modo tale da garantire una produzione energetica non inferiore a 1 kW per ciascuna unità abitativa, compatibilmente con la realizzabilità tecnica dell’intervento. Per i fabbricati industriali, di estensione superficiale non inferiore a 100 m2, la produzione energetica minima è di 5 kW”.

La scelta della tecnologia più idonea per far fronte al fabbisogno energetico dovrà tener conto, oltre che della disponibilità della fonte stessa, anche delle necessità energetiche e delle peculiarità dell’organismo edilizio che si intende realizzare. Le tecnologie rinnovabili che si possono utilizzare direttamente all’interno degli edifici sono spesso definite genericamente microenergie; la famiglia delle microenergie comprende i dispositivi solari (termico e fotovoltaico), gli impianti microeolici (con potenze fino a 20 kW che prevedono l’uso di piccole turbine ad asse orizzontale o verticale installate al suolo o sulla copertura), gli impianti mini e microidroelettrici con potenze fino ad 1 MW, le caldaie a biomassa e, tra le fonti assimilate alle rinnovabili, le unità di microcogenerazione (di elettricità e calore) e le pompe di calore geotermiche.

Da quanto detto emerge come la quantità di energia disponibile per lo sfruttamento sia una grandezza collegata strettamente alle caratteristiche del sito, sia attraverso i parametri geografici (radiazione solare), sia attraverso le condizioni climatiche generali e microclimatiche puntuali (ventosità, piovosità e morfologia del terreno).

Per quanto riguarda la possibilità di ricorrere alle tecnologie solari (termico o fotovoltaico), la prima verifica riguarda l’esistenza sull’area in esame di eventuali vincoli paesaggistici o storico-architettonici che condizionano l’installazione degli impianti; dal punto di vista tecnico occorre sottolineare che a parità di superficie utile a disposizione, l’energia producibile dipende dalle condizioni climatiche locali (radiazione solare, stato del cielo) e dall’accesso solare delle superfici captanti.  Particolare attenzione dovrà, inoltre, essere posta nel determinare eventuali fenomeni di ombreggiamento causati da corpi esterni l’edificio (fabbricati, antenne, comignoli, alberi, eccetera), in grado di ridurre il rendimento del sistema solare.

PARTE 2

Analisi dell’edificio – impianto

Il punto di partenza è la diagnosi energetica, definita dalla Direttiva 2012/27/UE EED come una procedura sistematica volta:

  1. “a fornire un’adeguata conoscenza del profilo di consumo energetico di un edificio o gruppo di edifici, di una attività o impianto industriale o di servizi pubblici o privati;
  2. ad individuare e quantificare le opportunità’ di risparmio energetico sotto il profilo costi-benefici;
  3. e riferire in merito ai risultati”.

La diagnosi energetica, quindi, consente di ottenere una valutazione del consumo energetico di un edificio abitativo, un impianto industriale e le diverse attività commerciali; chiamata anche audit, comprende un insieme di indagini volte a quantificare il consumo energetico in un determinato arco di tempo, determinato dai seguenti fattori:

  • caratteristiche strutturali dello stabile;
  • gestione e qualità degli impianti installati;
  • comportamento di chi vi abita o soggiorna quotidianamente.

Come primo passo, la diagnosi energetica richiede l’identificazione, la comprensione e la giustificazione del consumo energetico reale di un edificio, attività o processo industriale, includendo in tal senso anche la sua genesi; nel caso di un’attività produttiva, ciò significa ricostruire i consumi energetici (letture del contatore) sulla base dell’attività produttiva svolta e del relativo modello energetico. Una volta note le ragioni del consumo energetico, si devono ricercare e valutare possibili interventi di riqualificazione o ristrutturazione energetica, finalizzati ad incrementarne l’efficienza e ad apportare benefici ambientali.

Da un punto di vista prettamente operativo, l’analisi – effettuata da un esperto in gestione dell’energia o da un tecnico professionista – prevede:

  • l’elaborazione dei dati provenienti dalle bollette;
  • l’utilizzo di specifici strumenti (quali la termocamera) o software per calcolare il flusso energetico presente;
  • lo svolgimento di una simulazione computerizzata dell’intero edificio e degli impianti installati per valutare possibili interventi migliorativi.

Analisi di costi e bollette

Il consumo di energia elettrica dell’abitazione varia in base a due variabili principali: il numero di persone che vivono in casa e, soprattutto, la tipologia, la quantità e la classe energetica degli elettrodomestici presenti. L’energia che viene fornita è misurata in termini di potenza, a sua volta espressa in Watt o kiloWatt: per svolgere correttamente il calcolo, si consideri che 1 kW corrisponde a 1000 Watt; il consumo giornaliero degli elettrodomestici viene calcolato moltiplicando la potenza dell’apparecchio per le ore in cui è in funzione. La profilazione del consumo energetico, dedotto dall’analisi dei consumi periodici, giornalieri e orari, è la base dati sui quali scegliere l’opzione migliore di fornitura e tipologia di approvvigionamento: fonti energetiche non rinnovabili (ossia combustibili fossili quali gas naturale, carbone e petrolio) o fonti rinnovabili derivanti dall’energia geotermica, idroelettrica, eolica, solare e delle biomasse.

Analisi delle strutture murarie

Le principali tipologie di murature possono essere sommariamente divise in:

  • laterizio porizzatoriempito o non (in genere per tramezzi o tamponature ad alta efficienza energetica);
  • laterizio sismicoforato con alloggi per armatura (in genere per muri portanti armati);
  • blocchi di cemento autoclavato;
  • pannelli prefabbricatidi materiali vari.

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Laterizio porizzato riempito o non riempito

I blocchi sono denominati “porizzati” perché realizzati additivando all’argilla cruda degli alleggerenti prima della formatura, per poi essere successivamente cotti. In commercio esistono anche i blocchi porizzati riempiti con lana di roccia, oppure con perlite. Questa tipologia di blocco generalmente è di tipo rettificato, il che significa che ha facce di appoggio superiori ed inferiori perfette per planarità e parallelismo, il che consente di avere giunti di 1 solo mm e di essere posati in opera con malta speciale, In altre parole: meno giunti e meno malta = meno ponti termici e migliori prestazioni.

Laterizio sismico forato con alloggi per armatura

Essendo una struttura lineare, la muratura armata è concepita come un sistema costruttivo tridimensionale in cui le pareti, gli orizzontamenti e le fondazioni sono collegati tra loro in modo da resistere alle azioni sismiche verticali e orizzontali; i vantaggi che assicura sono prevalentemente di ordine strutturale, soprattutto in zone a rischio sismico: intesa come sistema costruttivo autonomo e distinto, infatti, associa i pregi del laterizio e dell’acciaio sfruttando al meglio le qualità di entrambi, risultando molto più duttile e con maggiormente capacità di deformazione rispetto ad una muratura normale.

Blocchi di cemento autoclavato

Le caratteristiche peculiari di questo materiale – solidità, isolamento termicoisolamento acustico e resistenza al fuoco – conferiscono ad ogni costruzione stabilità, alta qualità e sicurezza. Per via delle eccellenti caratteristiche di isolamento termico, questa tipologia di muratura possiede un’ottima capacità di conservare la temperatura dell’aria/ambiente nei periodi in cui non si immette energia, un elevato fattore di raffreddamento grazie al quale si raffreddano lentamente, ed un piccolo indice di penetrazione termica per cui il possibile riscaldamento degli ambienti è molto rapido.

Analisi dell’involucro opaco

All’interno dell’edificio, l’involucro edilizio opaco è un elemento essenziale per garantire idonee condizioni di benessere termoigrometrico dell’utente, per impedire i guadagni termici indesiderati e per favorire la dispersione del calore nella stagione estiva: per ottimizzarne il comportamento energetico è necessario controllare le prestazioni di isolamento termico in regime stazionario e dinamico.

Analisi dell’involucro trasparente

Le superfici dell’involucro trasparente costituiscono un elemento critico per il comfort microclimatico e per il bilancio energetico degli edifici in vetro: se da un lato le aree vetrate devono garantire il contatto con l’esterno e l’ingresso della radiazione solare, dall’altro devono costituire una barriera termica e acustica, garantire la sicurezza delle persone, la manutentibilità e la durabilità del componente tecnologico: fondamentale, quindi,  valutare i sistemi di vetratura più appropriati in relazione al contesto climatico di riferimento e alla funzione da svolgere.

Analisi dei ponti termici

Si definisce ponte termico ogni parte dell’involucro edilizio in cui si registrano discontinuità che causano forti variazioni della resistenza termica: ne sono esempi la compenetrazione totale o parziale di materiali con conduttività termica diversa, la variazione dello spessore, le differenze tra l’area della superficie disperdente sul lato interno e quella del lato esterno.

Valutare un ponte termico significa determinarne la trasmittanza termica lineica (ψ [W/m∙K]) o puntuale (χ [W/K]), a seconda del tipo di ponte termico; di grande aiuto, in tal senso:

  • la norma UNI EN ISO 14683:2018“Ponti termici in edilizia – Coefficiente di trasmissione termica lineica – Metodi semplificati e valori di riferimento”;
  • la norma UNI/TS 11300-1:2014“Prestazioni energetiche degli edifici – Parte 1: Determinazione del fabbisogno di energia termica dell’edificio per la climatizzazione estiva ed invernale”;
  • la norma UNI EN ISO 10211 “Ponti termici in edilizia – Flussi termici e temperature superficiali – Calcoli dettagliati”;
  • per gli edifici esistenti, metodi di calcolo manuali conformi alla norma UNI EN ISO 14683Ponti termici in edilizia – Coefficiente di trasmissione termica lineica – Metodi semplificati e valori di riferimento”.

Analisi termoigrometriche

La verifica termoigrometrica consiste nel valutare la probabilità di formazione di condensa atmosferica all’interno di un materiale o di una muratura, in determinate condizioni di esercizio: è quindi funzionale alla   valutazione del rischio di formazione di muffe sulla superficie interna dell’involucro, con particolare attenzione ai ponti termici negli edifici di nuova costruzione e di condensazione del vapore acqueo all’interno dei componenti stessi (“condensazione interstiziale”).

Per il calcolo delle cadute di pressione e di temperature in una parete è necessario conoscere:

  • la composizione della parete, procedendo dall’interno abitazione verso l’esterno;
  • lo spessore dei materiali che compongono la parete;
  • le resistenze termiche dei materiali;
  • le permeabilità al vapore degli stessi materiali che compongono la parete;
  • le adduttanze degli strati liminari.

Riferimenti bibliografici

Marco Casini – Costruire L’Ambiente, edizioni Ambiente, 2014

Bianca Bottero (a cura di), Progettare e costruire nella complessità. Lezioni di Bioarchitettura, Liguori, Napoli, 1994

Lloyd Jones, Atlante di Bioarchitettura, Utet, Torino, 1998

Uwe Wienke, Dizionario dell’edilizia bioecologica, DEI, Tipografia del Genio Civile, 2001

Giuseppe Fera, Urbanistica teorie e storie, Gangemi editore, Roma, 2002

Osservatorio Ambiente “Val D’Agrì”, 2014

ALLEGATO 1

Analisi del fabbricato e del contesto

CATALOGAZIONE

 Titolo dell’opera: Indicare il nome con cui è nota l’opera.

Autore: se l’edificio è antico, l’attribuzione ad un autore (architetto) potrebbe essere incerta; se è recente, spesso si distingue tra chi ha progettato le strutture e chi ha ideato l’intero progetto.

Collocazione/Ubicazione: indicare la città e il Paese in cui l’opera si trova; può essere interessante conoscere la collocazione dell’edificio rispetto al contesto nel tempo in cui è stato realizzato e l’eventuale committenza.

Datazione/Periodo storico: annotare l’anno di realizzazione o, in mancanza, il secolo o il decennio; se l’opera è stata realizzata in più anni, si può indicare la data d’inizio e quella del completamento.

Tipologia e destinazione d’uso dell’edificio: indicare la funzione dell’edificio (civile, religiosa militare, abitativa e simili) e se si tratta di un edificio pubblico o privato.

Tecniche e materiali: indicare la tecnica costruttiva usata e distinguere i materiali impiegati per le strutture da quelli usati per i muri o per i rivestimenti; vanno inoltre considerate eventuali parti monumentali (ad esempio gli scaloni) e le decorazioni.

Dimensioni: indicare, anche approssimativamente, le dimensioni della pianta e quelle della facciata, ed eventualmente confrontarle con il contesto urbano in cui il monumento risulta inserito.

DESCRIZIONE ANALITICA

Destinazione dell’edificio: pubblico (municipio, teatro, cinema) o privato (condominio residenziale, villa, palazzo nobiliare, eccetera).

Analisi: del corpo di fabbrica e dei vari ambienti più significativi; del sistema costruttivo (distinguere gli elementi portanti da quelli di chiusura e decorativi); di eventuali schemi geometrici o di simmetria presenti in pianta o in alzato (facciata), ritmi, alternanze, elementi e dettagli decorativi, eccetera.

DESCRIZIONE SINTETICA

Riferimenti storico-artistici e ambientali: ogni architettura è espressione di un preciso periodo storico e artistico, e risulta condizionata sia dal contesto ambientale originario in cui si colloca, sia dalle richieste della committenza; inoltre, poiché vive e si trasforma con le esigenze della società e con l’ambiente circostante, sarà necessaria anche qualche considerazione su eventuali trasformazioni dell’ambiente urbano o naturale in cui l’edificio era inserito in origine rispetto al momento in cui si effettua l’analisi, unitamente alle osservazioni sullo stato di conservazione e analisi di eventuali interventi di restauro o trasformazione che l’edificio ha subito nel corso del tempo, sia nelle sue parti portanti che per gli elementi decorativi.

ANALISI DEGLI ELEMENTI DEL CODICE DEL LINGUAGGIO VISIVO

In architettura, possiamo riconoscere segni (ad esempio, nelle parti decorative e nel ritmo delle aperture), punti (ad esempio, le aperture in una superficie muraria continua, che assumono maggiore evidenza se isolate) e linee (ad esempio, le grandi cattedrali gotiche, le decorazioni barocche e rococò, quelle dell’Art Nouveau). E ancora: la qualità della superficie di un edificio, che dipende dalla scelta dei materiali; forme e volumi (lo spazio può essere uniforme, prospettico o, al contrario, disomogeneo, con continue ed improvvise variazioni); colore/luci (spesso il materiale determina anche il colore: mattone = rosso, cemento = grigio, titanio = metallizzato, e così via); la composizione (l’edificio può distinguersi per la pianta simmetrica, per lo sviluppo in linea, per la forte ripetizione modulare in serie dei suoi elementi, e lo stesso si può dire degli elementi di facciata).

 

ALLEGATO 2

Schema di verifica documentale

Verifica documentale

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